martedì 22 gennaio 2019
Donne sputano la comunione, altre sputano sul Cristo. Nelle chiese si moltiplicano le profanazioni
Un’altra profanazione, un altro gesto blasfemo nei confronti del simbolo principale della Chiesa Cattolica compiuto da chi, curiosamente, considera infedele e condanna a morte chi si permette di disegnare una vignetta che rappresenta in modo divertente il proprio messia.
La notizia, sconvolgente, è riportata dal Gazzettino in edicola oggi. Il fatto è avvenuto a San Zulian, sotto gli occhi del sorvegliante, e viene raccontato dal parroco don Massimiliano D’Antiga. Protagoniste quattro donne islamiche, velate.
Entrate in chiesa, hanno sputato sul simbolo sacro, allontanandosi e confondendosi fra i turisti in Merceria. Don Massimiliano ha informato i superiori in curia ed ha chiesto all’associazione nazionale Carabinieri di tutelare il tempio.
Dopo i fatti di St Etienne, le cose sembrano dimostrare che è cominciata quell’operazione di epurazione etnica e religiosa che fino a ieri si limitava alla silenziosa conquista del territorio, ha cominciato a commentare qualche osservatore.
Di sicuro i gesti blasfemi nelle nostre chiese si moltiplicano. Un mese fa il braccio spezzato al Cristo settecentesco della Chiesa di San Geremia ad opera di un magrebino di nazionalità francese (ora espulso dall’Italia). Pochi giorni fa gli sputi a un altro crocifisso, questa volta nella chiesa di San Zulian, a pochi passi da piazza San Marco. Oltraggi e profanazioni nelle chiese veneziane pare siano molto più frequenti di quanto si immagini.
Altri episodi che, seppur meno gravi, testimoniano della situazione che si vive nelle chiese del centro storico veneziano, affollate da fedeli ma anche da turisti scrive il Gazzettino.
L’ultimo, sempre nella chiesa di San Zulian ha avuto luogo proprio ieri mattina: due giovani orientali, dopo aver assistito alla funzione religiosa presieduta dal parroco, hanno fatto la fila con i fedeli e si sono avvicinati all’altare per ricevere la comunione. Poi hanno sputato la particola per terra, lasciando di fretta tempio.
«Ho subito capito che probabilmente quei due turisti non erano motivati – ha commentato don D’Antiga – tanto che avevo posato nella loro bocca solo un pezzettino di particola, evitando di consegnarla intera nelle loro mani. Non credo al disprezzo, al gesto sacrilego: sono più propenso a pensare che questa gente, atea o di altre religioni, non conosca il rito cristiano. Magari fanno la fila per la comunione imitando gli altri, forse credendo alla consegna di un piccolo presente. Un diacono, che presta la sua opera nella basilica di San Marco, mi ha riferito che anche lì succede spesso. In realtà non sanno ciò che fanno e a cosa assistono».
Ma c’è anche chi entra per pregare Allah. Lo stesso don D’Antiga racconta che due settimane fa sono entrati in chiesa due musulmani, hanno disteso il loro tappetino e si son messi a pregare tranquilli. Alle rimostranze del sacrestano, hanno risposto: «Possiamo farlo, il Papa ci ha dato il permesso», riporta il quotidiano.
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