sabato 22 dicembre 2018
Da Renzi a Gentiloni, lo strano caso degli europeisti che per attaccare il governo si travestono da Salvini
La Commissione Europea ha imposto le sue regole ai ribelli italiani: gli europeisti di casa nostra dovrebbero esserne contenti.
E invece Renzi, Gentiloni, Bersani accusano Salvini e Di Maio di aver ceduto di fronte agli eurocrati. Usando i loro stessi argomenti
D’accordo, l’inno alla gioia nel cortile del Louvre era più telegenico. Eppure, la vera vittoria dell’Europa contro i populisti è avvenuta mercoledì, quando la commissione europea ha dato il via libera alla legge di bilancio italiana. L’Europa ha trionfato, ma gli europeisti erano troppo concentrati sui fallimenti dei propri avversari per accorgersi che avevano vinto. Nessuno ha esultato. Nessuno ha sventolato la bandiera blu con le dodici stelle dorate in cerchio. Nessuno ha detto quanto era importante. Solo il genio collettivo dell’internet ha colto il punto: ha sovrapposto, con un fotomontaggio, la faccia di Jean-Claude Juncker a quella di Luigi Di Maio, trasfigurando il famoso gesto dell’esultanza sul balconcino di Palazzo Chigi.
Che tipi strani, gli europeisti: erano tutti commossi davanti alla televisione quando Emmanuel Macron, appena eletto presidente della repubblica francese, camminò sulle note dell’inno europeo, dopo aver fermato la minaccia della signora Marine Le Pen sulla porta dell’Eliseo. Un grande spettacolo di seconda serata scambiato per determinante rovescio dei rapporti di forza. Mentre l’altro ieri, quando l’Europa ha autorizzato la capitolazione del più pericoloso nemico dell’Unione Europea in circolazione, ovvero il governo bi-populista italiano, arresosi in condizioni onorevoli di fronte all’autorità europea costituita, neanche un olè.
“Altro che sovranisti, con Lega e M5S siamo diventati sudditi dei tecnocrati dell’Unione Europea”, ha scritto Debora Serracchiani (anche se la speranza che il suo account twitter sia stato manomesso da hacker russi è l’ultima a morire).
Sarà una speciale sindrome di Stoccolma, quella che ha colto i nostri europeisti, diventati così preda del nemico da autobraccarsi nell’angolo in cui i sovran-populisti li hanno stretti. L’ex presidente del consiglio Paolo Gentiloni ha scritto che «per la prima volta la legge di bilancio italiana viene varata a Bruxelles». Come se Bruxelles fosse un posto in cui il potere europeo tiene in scacco l’Italia, anziché lo spazio di regole dentro il quale il Paese ha scelto di stare per tutelare il suo interesse strategico. Che è poi ciò che pensano davvero i sovranisti, confermati così nell’idea che l’Europa sia un’entità cattiva e colonizzatrice.
Funziona così l’auto trappola politica e intellettuale: si attacca il nemico perché non è stato capace di fare fino in fondo ciò che prometteva di fare (ovvero, nella visione europeista, il male). In questo caso, perché non è stato capace di sconfiggere il potestà straniero europeo, dando per scontato che l’Europa sia un podestà straniero. “Arrivato il maxi emendamento”, ha twittato Matteo Renzi, precisando che è arrivato “direttamente da Bruxelles”, quasi si trattasse della capitale del super stato che ci vuole invadere. E Pierluigi Bersani: “Sostanzialmente il governo, invece di fare la manovra col Parlamento, l'ha fatta con i commissari europei”. In altre parole, l’Italia sarebbe stata espropriata della propria sovranità. Un frase che il Matteo Salvini all’arrembaggio avrebbe sottoscritto senza pensarci su due volte.
Così l’Europa ha vinto contro i suoi avversari più inquietanti, arrivati al vertice di uno degli stati fondatori dell’Unione, ma gli europeisti avevano molta più voglia di fare marameo. “Altro che sovranisti, con Lega e M5S siamo diventati sudditi dei tecnocrati dell’Unione Europea”, ha scritto Debora Serracchiani (anche se la speranza che il suo account twitter sia stato manomesso da hacker russi è l’ultima a morire).
L’Europa è riuscita a far scendere a compromessi il governo che la voleva distruggere nel momento della sua massima debolezza. L’ha fatto con la politica, sconfiggendo la linea dei paesi che desideravano punire l’Italia, come l’Olanda e l’Austria. L’ha fatto con l’abilità della diplomazia, concedendo una resa onorevole al presidente del consiglio italiano Conte.
L’ha fatto senza irrigidirsi nella stupidità dei numeretti. L’ha fatto affermando il principio che fuori dalla Chiesa europea non c’è salvezza. E, soprattutto, ha fatto riconoscere questo principio agli eretici gialloverdi. Un risultato che ha apprezzato fino in fondo solo il presidente della repubblica Sergio Mattarella, che ha detto: “Valuto molto positivamente l’accordo”. Non ci si poteva aspettare di più da lui. Poiché è più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago, che Mattarella salga su un balconcino con il pugno alzato. Ma gli altri europeisti?
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