Nel quadro delle ricerche sul gender emergono “alcuni possibili punti di incontro per crescere nella comprensione reciproca”. Nel documento Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione (leggi qui), la Congregazione per l’educazione cattolica invita ad affrontare la questione del gender con un approccio dialogico. Tra i punti di incontro sono stati elencati il rispetto di ogni persona, affinché nessuno “possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”, e “i valori della femminilità”.
Per la Congregazione per l’educazione cattolica, è sempre più diffusa la consapevolezza che ci troviamo di fronte a “una vera e propria emergenza educativa, in particolare per quanto riguarda i temi dell’affettività e della sessualità”. “Il disorientamento antropologico che caratterizza diffusamente il clima culturale del nostro tempo – si legge nel documento pubblicato oggi – ha certamente contribuito a destrutturare la famiglia con la tendenza a cancellare le differenze tra uomo e donna, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”.
Nell’intraprendere la via del dialogo sulla questione del gender nell’educazione per il Vaticano è “necessario tener presente la differenza tra l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane”. Mentre l’ideologia pretende, come riscontra papa Francesco, di “rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili”, ma cerca di “imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini“ e quindi preclude l’incontro, non mancano delle ricerche sul gender che cercano di “approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna”. In relazione con queste ricerche è, dunque, possibile “aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alla proposta”.
Nel documento pubblicato oggi (qui l’integrale), la Congregazione per l’educazione cattolica mette in chiaro che la missione educativa “si trova di fronte alla sfida che emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna”. Questa, si legge ancora, prospetta “una società senza differenze di sesso” e, al tempo stesso, “svuota la base antropologica della famiglia“.
“Questa ideologia – è la tesi – induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”.
Per la Santa Sede le teorie gender, specialmente quelle più radicali, indicano “un processo progressivo di de-naturalizzazione o allontanamento dalla natura verso una opzione totale per la decisione del soggetto emotivo”. Con questo atteggiamento, come si legge nel documento, “identità sessuale e famiglia divengono dimensioni della ‘liquidità’ e ‘fluidità’ post moderna: fondate solo su una malintesa libertà del sentire e del volere piuttosto che sulla verità dell’essere; sul desiderio momentaneo della pulsione emotiva e sulla volontà individuale”.
Il “dimorfismo sessuale”, ovvero la differenza sessuale tra uomini e donne, è comprovato dalle scienze, quali, ad esempio, la genetica, l’endocrinologia e la neurologia. “Nel caso dell’indeterminatezza sessuale è la medicina che interviene per una terapia – viene, quindi, sottolineato – in queste situazioni specifiche, non sono i genitori né tantomeno la società che possono fare una scelta arbitraria, ma è la scienza medica che interviene con finalità terapeutica, ossia operando nel modo meno invasivo sulla base di parametri obiettivi al fine di esplicitarne la costitutiva identità”.