domenica 3 maggio 2020

“Minaccia una strage a causa del coronavirus per nascondere i suoi fallimenti”: Senaldi smaschera Conte



L’ altro giorno abbiamo aperto Libero titolando che il governo aveva tre proposte per gli italiani, obbligati a scegliere se morire di virus, di noia o di fame. Il petulante pistolotto di oltre un’ ora imposto ieri dal premier prima alla Camera e poi al Senato ci ha fatto capire che l’ opzione 2 è la più probabile. Ci spegneremo sul divano, nel sonno, mentre il presidente del Consiglio ci spiega, con la sua cantilena retorica e prolissa, che è il più bravo di tutti.

 Pur nutrendo un’ ingiustificata stima nei propri confronti, l’ avvocato di se stesso deve aver capito che qualcosa, nel discorso messianico con cui domenica sera ha inaugurato la fase 2, è andato storto. Gli italiani sono delusi più ancora che reclusi, il Parlamento lo accusa di scavalcarlo e i soloni in servizio permanente hanno cominciato a parlare di Costituzione offesa. È il segnale inequivocabile. Quando la sinistra aziona le sue sirene democratiche contro qualcuno, significa che vuole liberarsene.

Più che un’ arringa, il discorso di Conte di ieri è parso un esame di riparazione. Ormai lo schema è consolidato. Il premier parla, nessuno ci capisce alcunché ma tutti si lamentano. Le mamme si alzano sostenendo che il governo dimentica i bambini, ma un po’ anche i genitori, che scoprono d’ improvviso l’ importanza della scuola, anche se più come parcheggio che come tempio del sapere. Giustamente anche i disabili fanno sapere che l’ esecutivo non si occupa di loro.

D’ altronde, cosa ci si può aspettare da una presidenza del Consiglio che al tempo stesso scontenta preti e atei, tombeur des femmes e gay, mogli e amanti, tifosi di calcio e cinefili d’ essai? Poiché le parole non costano nulla, con narcisista sollecitudine Giuseppe si presta sempre a concedere repliche chiarificatrici. Funzionano così. Egli cita tutte le categorie scontente, dedicando a ciascuna dieci secondi di promesse di soluzioni miracolistiche. Poi passa ad attaccare Salvini, e ultimamente anche a dare qualche pizzicotto a Renzi.

Infine si rassetta il ciuffo, si bea di se stesso e chiede l’ applauso alla parte grillina dell’ Aula, che glielo concede ogni volta più fiacco. Un rito ozioso. Per ravvivarlo, Conte ieri ha evocato perfino la strage: 151mila persone tra la vita e la morte a giugno, se non farete quel che vi dico. Ma ormai il presidente è letargico anche quando minaccia l’ Apocalisse.
L’ ECONOMIA
Con grande sforzo proviamo a entrare nei contenuti del discorso del presidente. La parte che ci premeva di più era quella economica. Ieri era l’ ultimo giorno utile per varare il decreto di sostegno al Paese, battezzato ottimisticamente Aprile, senza scadere nel ridicolo. Il provvedimento è rimasto nel cassetto ed è slittato a maggio ma i soldi arriveranno, se va bene a giugno. Chiamarlo Primavera sarebbe stato più serio ma non tanto più realistico, perché sui quattrini veri è nebbia fitta. Imperturbabile, il premier ha recitato la parte del debitore moroso. Ha sostituito i soldi promessi a febbraio e mai arrivati con nuove millantate elargizioni a marzo, cancellate poi dai miliardi annunciati ad aprile. Come i professionisti del tirare a campare, il nostro eroe tappa i buchi creandone di più grossi.
TUTTI SCONTENTI
Sul fronte denaro le lagnanze non erano poche. Baristi, commercianti, barbieri, gestori sportivi. Non c’ è una categoria produttiva, per dirla con Salvini, che se potesse uscire di casa non inseguirebbe il premier con il forcone. Solo che quelli che lavorano davvero in Italia, e non campano di reddito di cittadinanza o di qualche altro obolo garantito, ormai sono la minoranza, per di più divisa in fazioni. Quindi non riescono a formare una massa critica in grado di travolgere l’ idolo di grillini e mantenuti. Tutto il resto è stato acqua fresca, compreso le accuse mosse al premier di violare la Costituzione. Finché le fanno i cittadini, si capisce, ma il Parlamento non ha diritto di muovere certe critiche. Se a onorevoli e senatori non sta bene che l’ avvocato di Volturara Appula faccia il ducetto, lo sfiducino, correndo il rischio di andare a casa con lui. Altrimenti, ne avallino i pieni poteri con almeno il buon gusto di tacere.

Per quanto riguarda l’ accenno allo scontro tra lo Stato e le Regioni, le cui ordinanze in difformità dai diktat governativi sono state definite improvvide dal premier, tra le due autorità il conflitto è inconciliabile. I governatori hanno rapporto con il popolo, che li ha eletti e una maggioranza che li appoggia, il premier no. Pertanto essi si preoccupano del territorio più di quanto non faccia il governo, che ha mollato gli enti locali nel momento del bisogno e ora pretende di dirigerli senza riuscire a dare loro indicazioni su come riaprire. E questo è il punto dolente della difesa di Conte.

Il virus è stato contenuto dagli italiani che sono rimasti a casa, rimettendoci, e reso meno letale dai medici, che hanno imparato come affrontarlo meglio. Il compito del governo era preparare la ripartenza in sicurezza. Ma a oggi non ci sono tamponi, test del sangue, percorsi separati per i malati Covid-19, indicazioni chiare alle imprese. L’ esecutivo ha perso due mesi per preparare la fase 2 così come li aveva persi per prepararsi alla fase 1. Quando Conte minaccia stragi se il Paese non gli obbedisce in realtà non fa che ammettere il proprio fallimento. E l’ inutilità delle task force di cui si contorna vanitosamente.