giovedì 30 aprile 2020

Anche il cardinal Ruini contro il “no” alle Messe del governo: “Conte è uscito dalle sue competenze”



Di Francesco Boezi – Il cardinal Camillo Ruini pensa che il governo si sia “arrogato” delle competenze in materia di celebrazioni religiose. La nota di ieri sera della Cei è tanto chiara quanto esaustiva. Il dibattito tra le parti, per così dire, è ancora in corso. Palazzo Chigi ha fatto sapere nella tarda serata di ieri di essere al lavoro su un protocollo in grado di garantire sicurezza. Ma se ne dovrebbe parlare dal 25 maggio in poi. Prescindendo dal diritto alla partecipazione del “popolo” alle funzioni religiose, però, una pandemia costringe a riflettere in genere sull'”essenziale”. Così come specificato in una delle recenti omelie da papa Francesco. La spiritualità rimane una delle “urgenze” percepite dalle persone. E la Chiesa cattolica, anche come istituzione, è chiamata ad indicare le modalità tramite cui la fede debba essere vissuta all’interno di un quadro pandemico. Di questo e di altro abbiamo parlato con l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana, che ci ha rilasciato un’intervista in esclusiva.
Cardinal Ruini, il concetto di “libertà” sembra essere messo a dura prova di questi tempi. Lei ha da poco dato alle stampe Un’altra libertà, un libro edito da Rubettino. Un’opera che ha scritto col senatore Gaetano Quagliariello. Come si conciliano “libertà” e tutela dalla Salute pubblica nel corso di un quadro pandemico?
Sia la libertà sia la tutela della salute non sono degli assoluti. Vanno realizzati nel concreto delle situazioni. Nel caso di una pandemia sono inevitabili delle restrizioni della nostra libertà, per limitare il contagio. Questo però non significa che le pubbliche autorità abbiano mano libera nel limitare o addirittura sopprimere, sia pure temporaneamente, le libertà che ci appartengono in quanto persone e che in Italia sono anche costituzionalmente garantite. A questo riguardo dobbiamo tutti vigilare.
Il Papa, qualche giorno fa, ha ricordato che questa non è la “Chiesa vera”. Soprattutto perché non c’è la possibilità di officiare con la presenza del popolo. Si auspica almeno un parziale ripristino della normalità nella fase 2? L’eucaristia, per un cattolico, è sempre un’urgenza…
L’Eucarestia per i credenti è anzitutto un bisogno, il bisogno del pane della vita. Il Papa ha dato voce a questo bisogno che riguarda tutta la Chiesa. Purtroppo il governo, nell’ultimo decreto della presidenza del consiglio, ha disatteso questo bisogno, arrogandosi competenze non sue riguardo alla vita della comunità cristiana. Bene ha fatto quindi la Cei a protestare con forza. Ora il governo ha il dovere di rivedere le sue posizioni.
C’è stata una fase, nel corso di questa storia, in cui sembrava che si dovesse quasi scegliere tra la salvezza del sistema economico e la salvezza delle vite umane. Con tutta la questione della “immunità di gregge” a fare da sfondo. Cardinal Ruini, l’Europa è stata e sarà di esempio in relazione alla tutela valori non negoziabili? Tra cui, ovviamente, c’è il diritto alla vita…
Purtroppo da molto tempo l’Europa non è più un esempio di tutela del diritto alla vita, come del valore della famiglia. Lo scoppio di questa pandemia ha fatto nascere nuove tentazioni, come quella dell’immunità di gregge, che prevede di sacrificare molte vite per non limitare le attività economiche e produttive. Nel complesso però questa tentazione è stata respinta: la coscienza della gente rifiuta infatti scelte di questo genere. Ci sono fortunatamente altre maniere per contemperare la tutela della vita con la salvaguardia delle attività produttive, pure esse necessarie proprio perché la gente abbia di che vivere, anche nel tempo del coronavirus.
Distanziamento sociale, mascherine obbligatorie, plexiglass in grado di separare le persone e magari paura nei confronti del prossimo. Cardinal Ruini, il virus è un acceleratore dell’epoca del post-umano?
Francamente non vedo questo pericolo. Le mascherine e il distanziamento tra le persone sono una necessità che non va demonizzata, un sacrificio che può farci sentire più forte il desiderio di una vicinanza anche fisica con le persone care.
Il Covid-19 metterà in crisi il multiculturalismo? Oppure crede che in fin dei conti gli effetti saranno limitati. E che il paradigma ideologico di fondo della società contemporanea rimarrà lo stesso?
E’ difficile fare previsioni. Molto dipende dalla durata di questa pandemia e dal tempo che occorrerà per disporre di un vaccino efficace. Il multiculturalismo è un dato di fatto, più o meno diffuso anche nelle diverse aree geografiche di un paese come l’Italia. Non è certo un valore assoluto e va gestito con saggezza e realismo, senza ideologizzazioni in positivo o in negativo.
Cardinal Ruini, di questi tempi è tornata in auge l’immagine di don Camillo, quello di Guareschi, che dalla torre campanara inoltra un messaggio di speranza alla popolazione durante l’alluvione. Conoscerà “Il ritorno di Don Camillo”. La condizione della Chiesa italiana, per via della pandemia, oggi è metaforicamente simile?
Camillo è anche il mio nome e ricordo che quando, ventenne, passai un’estate in Austria per imparare il tedesco, il fatto che io, seminarista mingherlino, portassi il nome del Don Camillo di Guareschi suscitava incredulità e ilarità. Parlando seriamente, il coronavirus ha ricordato a tutti la nostra fragilità, i limiti del nostro potere. Dovrebbe quindi renderci più umili e più consapevoli della nostra realtà di creature, quindi più aperti alla fede: molti indizi ci dicono che così sta effettivamente avvenendo. Niente però è scontato: rimaniamo sempre persone libere e la fede è una risposta libera a Dio che bussa alla porta della nostra vita.
Cosa si sente di dire, a livello di prossimità spirituale, alle famiglie italiane che sono state colpite dal Covid-19?
Le parole hanno dei limiti, rischiano di essere scontate e un po’ convenzionali. Posso dire a queste famiglie che prego ogni giorno per loro e per i loro cari che hanno perduto la vita.
Una considerazione sull’Italia che verrà.
Più che sull’Italia che verrà preferisco dire una parola sull’Italia che spero possa venire. Vorrei che da questa pesante esperienza l’Italia – cioè tutti noi italiani – impari a essere più solidale, anche quando il coronavirus sarà passato. Vorrei che riprendesse vigore la nostra fiducia in Dio, la capacità di mettere Dio al centro del nostro progetto di vita. Vorrei che finalmente ci preoccupassimo del futuro dell’Italia, quindi dei figli e delle nascite, senza i quali non c’è futuro. Vorrei anche puntare sulla libertà e sulla responsabilità, che sole possono mettere fine al nostro declino.